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Oreste Baccolini

History Drawing

dicembre 2017 – febbraio 2018

L’esposizione raccoglie diverse opere volte a sottolineare la trasversalità adottata dall’artista dall’inizio della sua carriera; la raccolta di disegni “N&O – Fenomeno rappresentato da un piccolo bambino” del 2006 e due lavori della serie “Disegni Patti” del 2008, che vedono prevalentemente l’utilizzo di disegno e collage.

Eventi:
09 dicembre 2017 – Inaugurazione mostra

History Drawing

Testo a cura di Federica Fiumelli

…siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo
la storia siamo noi, attenzione.Francesco De Gregori, “Scacchi e tarocchi”, 1985

Dal 2000 Oreste Baccolini (1964) rivolge il proprio sguardo d’artista, con attenzione, ai vari fenomeni che costellano l’esistenza umana, e l’approccio che adotta è plurimo, trasversale, dal disegno, all’installazione, alla fotografia, al video, al neon.

“N&O – Fenomeno rappresentato da un piccolo bambino” del 2006, è una raccolta di disegni ibridi, si scorgono infatti nell’eterea pagina bianca venuta a mancare da chissà quale quaderno, figure tracciate a inchiostro e altre completamente prodotte da ritagli di giornale, precisamente da “D” – la Repubblica delle Donne, un inserto de “La Repubblica” appunto. Baccolini amante del collage, estrapola dal mondo dell’informazione giornalistica sagome e profili di esistenze legate a una qualche storia; l’artista preleva e trsaforma il contesto, dandoci la possibilità di nuovi intrecci, di nuovi stimoli visivi e narrativi.
Appunti presi all’angolo di un Cafè. Magari.
Tra il pulp e l’esistenzialismo, le storie sincopate che si alternano in questo lavoro sono molteplici, uomini nudi si contrappongono a uomini in giallo, donne nell’atto di fumare in una fredda notte avvolte dai loro cappotti si osservano attorno guardinghe, e poi appaiono persone di spalle, chinate o di corsa, o intente a fare linguacce; a volte i ritagli (come inserti di poesia visiva che ricordano soluzioni appartenenti alle Avanguardie di primo e secondo Novecento) si manifestano come Doppelgänger, ombre, doppi inquietanti e perturbanti, metafore evanescenti di un substrato di informazioni continuo che ci assilla quotidianamente.
Gli strumenti della comunicazione (come può essere un inserto giornalistico femminile) si tingono di giallo, vengono incriminati in un scenario desolato da horror vacui, il crimine è l’eccesso. E infatti Baccolini sceglie per i propri lavori, come anche nella serie “Disegni Patti” del 2008 di isolare i propri soggetti in un bianco cangiante, quello del supporto cartaceo, di cancellare il superfluo, di mantenere il colore e la definizione soltanto nel ritaglio prescelto.
In “Disegni Patti” a differenza di N&O – Fenomeno rappresentato da un piccolo bambino l’artista riduce ulteriormente il proprio segno grafico lasciando completa libertà a uno/due soggetti massimo, estrapolati da ritagli giornalistici: nuvole, modelle, animali; l’immaginario è frammentato e mobile, come una festa “Hemingwayiana”.

Sul tema del disegno, eleggendo lo sfondo totalmente bianco e un segno essenziale, genuino ed originario, si completa il lavoro di “Giò puzzetta” del 2007, una raccolta di 101 disegni ad inchiostro e matita su carta, raccolti successivamente in un video che come colonna sonora utilizza “Sunday Morining” dei Velvet Underground. Ammirando le peripezie discole e beffarde del piccolo protagonista, quasi una macchietta (spermatica), se ne evincono subiti i tratti di un personaggio borderline, agli eccessi, sregolato e inopportuno, tra “puzzette ed erezioni”. Questo lavoro dal tratto “selvaggio” non a caso è nato da una particolare suggestione nutrita dall’artista in occasione di una mostra dedicata a Keith Haring a Milano, qualche anno fa.

Iniziai col disegnare la mia tag, ossia la mia firma, il mio nome da graffitista. Era un animale che finì per somigliare sempre di più a un cane. Poi disegnai un omino che camminava a quattro zampe e più lo disegnavo più diventava The Baby, il bambino. Disegnai per la strada varie combinazioni del cane e del bambino. A volte li mettevo faccia a faccia, come in un gesto di sfida. Altre volte c’era una fila di bambini, con il cane dietro di loro. Utilizzavo queste immagini tenendo sempre a mente l’idea di cut-up sviluppata da Borroughs e Gysin. Accostando queste diverse tag e queste diverse immagini esprimevo un diverso significato a seconda delle loro combinazioni.Keith Haring da “L’arte è per tutti”, Feltrinelli, 2010

Il segno grafico a inchiostro si trasforma poi nella poetica di Baccolini in lavori a neon, che ovviamente ereditano a pieno da tutto l’insegnamento storico-artistico concettuale.
Nell’opera “Le misure dell’urlo” del 2012, un flusso fluorescente ci indica dei numeri precisi.
Sono i centimetri che delineano lo spazio della celebre opera simbolo dell’espressionismo tedesco “L’urlo” di Edvard Munch, realizzato nel 1893.
L’opera concettuale effettuata dall’artista sta nel riportare in luce un dato tecnico del dipinto, dando vita così ad un cortocircuito sull’importanza dell’oggetto artistico, quello che viene reso degno di attenzione qui, sono la lunghezza e l’altezza della tela, sublimando così il contenuto a livello del contenitore, un passaggio decisamente di origine semiotica.
Baccolini lo fa anche con le misure della Gioconda e con le firme di grandi artisti come Piero Manzoni o Giorgio Morandi.

(…) Dunque, l’immagine riprodotta meccanicamente è ritenuta un sostituto della persona raffigurata, e l’ombra di cui si traccia il contorno una parte dell’individuo stesso: un’idea, questa, che rammenta una nozione comunissima del pensiero magico, secondo cui possedere una parte del corpo di una persona o un oggetto ad essa appartenente, conferisce potere sulla persona stessa.

Del resto, questa credenza, sia pure debolmente, sopravvive ancora oggi nel nostro inconscio, manifestandosi variamente nel costume sociale: per esempio, nell’azione del rivoluzionario che strappa l’effigie del dominatore abbattuto, o in quella dei membri di un gruppo politico che bruciano i ritratti del leader della fazione avversa, o perfino nel gesto dell’innamorato che distrugge la fotografia dell’amante infedele.Ernst Kris e Otto Kurz, La leggenda dell’artista

Nel libro – video “Don’t Fraternize” del 2014 si alternano in loop 34 immagini dell’interno e dell’esterno del Musée du Mur de l’Atlantique – Batterie Todt situato ad Audinghen in Francia che rappresenta una delle fortificazioni militari facente parte del famoso Vallo Atlantico durante la Seconda Guerra Mondiale, sorta per impedire qualsiasi sbarco ad opera delle truppe alleate.
A capo di queste costruzioni ci fu la figura di Fritz Todt che dopo essersi laureato in ingegneria civile, lavorò in una fabbrica, divenne nazista e conobbe Hitler a cui fece subito una eccellente impressione. Fu questa la ragione per cui, subito dopo la conquista del potere, fu nominato alla testa di un ufficio nuovo per la realizzazione della grande rete autostradale con cui il leader nazista si riprometteva di assorbire una parte della disoccupazione tedesca. Da allora Todt divenne progressivamente responsabile di tutto lo sforzo bellico del Reich: la linea Sigfrido, la rete stradale dei territori occupati, le linee ferroviarie, il Vallo Atlantico, le fortificazioni, i rifugi per i sottomarini e naturalmente, come ministro dell’Armamento, la produzione di armi e munizioni. Il segreto del suo successo fu l’abilità con cui seppe coinvolgere le grandi imprese, assicurare il loro coordinamento, suddividere i compiti, affidare a tecnici e dirigenti d’azienda l’esecuzione dei lavori.
La frase – dicitura “Don’t fraternize”, inoltre, compare in una vignetta satirico – grottesca con cui il comando militare alleato durante la Seconda guerra mondiale informava i propri combattenti del pericolo di contrarre malattie veneree conseguenti a rapporti sessuali con il “nemico” ed è archiviata ed esposta proprio all’interno del Musée du Mur de l’Atlantique – Batterie Todt.

Baccolini attraverso i differenti mezzi artistici delinea delle possibili suggestioni, narrazioni attorno alla riflessione della storia, della conservazione della memoria storica – individuale e collettiva, dell’immaginazione e dell’affascinante peculiarità della realtà di essere fantasmagorica, irrazionale e sfuggente.

Federica Fiumelli

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